FORUM DELLE ASSOCIAZIONI DEMOCRATICHE
UN COORDINAMENTO DI ASSOCIAZIONI APERTO ANCHE A SINGOLE ADESIONI
Il FORUM nasce per contribuire, con idee innovative e spirito di servizio, alla formazione (o alla rinascita) di una nuova classe dirigente democratica che si metta al servizio del Paese e delle nostre comunità locali. Il mondo delle associazioni di base ha forse ancora gli anticorpi contro una politica fatta di privilegi e di estraneità nei confronti della vita quotidiana e dei bisogni dei cittadini normali.
LE RADICI
Ci collochiamo in quella lunga tradizione di valori e di impegno politico volto a far progredire il genere umano, con un progresso economico, sociale, scientifico, culturale, che vada a favore soprattutto di chi subisce ingiustizie e vive condizioni di svantaggio, per una società con sempre meno poveri e sempre più peso al merito, collocata in una dimensione necessariamente globale e, quindi, basata, nella sua vita interna e nei suoi rapporti internazionali, sulla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948.
L’ORIZZONTE POLITICO
La crescita economica, scientifica, culturale ha come presupposto una politica in grado di rendere concreti i valori e le proposte predicate, senza demagogia, senza approssimazione, senza estremismi dannosi. Il che non vuol dire senza utopie e senza sogni. La crisi economica del mondo industrializzato costringe a fare i conti con la limitatezza delle risorse e con le possibili conseguenze, anche catastrofiche, dello sviluppo incontrollato. Di fronte a questa crisi, l’alternativa è tra tornare indietro, regredire, accentuare le differenze sociali, ridurre i diritti, e rifugiarsi in un passato inattuale, o, invece, affrontare una nuova stagione di riforme, di cambiamenti radicali, di rotture innovative che accentuino il carattere concreto e progressista dell’azione politica.
RADICALMENTE INNOVATORI
La crisi ed il fallimento della classe politica italiana tradizionale è sotto gli occhi di tutti. Da troppo tempo chi fa politica viene selezionato su criteri di fedeltà personale, conformismo, ambizione al potere per il proprio potere e per la propria ricchezza e senza più attenzione alle capacità ed alle competenze che dovrebbe avere chi diviene classe dirigente. Noi pensiamo che la Politica debba tornare ad essere lealtà e coraggio, intelligenza e capacità anche di dissenso, ambizione di usare il potere a favore degli altri, in particolare i meno garantiti e i diseredati, capacità di governo e lungimiranza negli obbiettivi e nelle scelte.
LE SEMPLIFICAZIONI ISTITUZIONALI
La pervasività negativa della classe politica, che si è manifestata con sempre maggiore gravità in questi ultimi decenni, ha avuto necessità di “colonizzare” nuove aree di potere. In questo modo si spiega la forte complessità istituzionale italiana. Tale complessità era già in buona parte presente nella struttura costituzionale: bicameralismo, Regioni, Province, Prefetture, Comuni, a cui si sono aggiunte comunità montane, nuove province, comprensori, ecc.. Col tempo è stato creato un numero impressionante, rispetto ad altri Paesi europei, di società a partecipazione pubblica, governate, cioè, fondamentalmente dalla élite politica, ma lontane dal controllo della pubblica opinione. Lontano dai riflettori, ma permeabili alla discrezionalità della politica, sono emerse società a prevalente capitale pubblico, sia nazionali che locali, che producono spesso spesa incontrollata, clientele, finanziamenti indiretti di vario genere ai partiti, situazioni di privilegio e di posizione dominante nell’economia. Tagliare questa jungla è un compito fondamentale della nuova politica.
EUROPEISTI MA CONTRARI A QUESTA UNIONE EUROPEA
Un grande Paese nasce solo da grandi valori, che ne segnano la storia ed il futuro. L’unione Europea detta quotidianamente le regole a noi cittadini in ogni campo delle nostre attività. Ma non ha una politica estera comune, una politica economica comune, una politica fiscale comune. E’ questo un Paese? O è solo una enorme macchina burocratica, mantenuta dai cittadini europei, che elargisce sovvenzioni e risorse spesso senza controllarne gli effetti, che entra in ogni campo della vita delle imprese e delle famiglie senza entrare nelle cose essenziali? Per creare l’Europa, bisogna azzerare questa Unione Europea e costruire una vera Europa. Il processo non è facile, ma proseguire su questa strada vuol dire solo appesantire di una nuova burocrazia pervasiva e autoreferenziale la vita dei cittadini europei. L’Europa non può che ripartire dai suoi tre più importanti fattori di progresso. Il primo, che affonda le sue radici nella storia, è dato dalla grande cultura che i suoi popoli hanno sviluppato in oltre duemila e cinquecento anni. Il secondo fattore di successo è il progresso verso la democrazia, i valori universali dell’uomo e le libertà individuali, che ha percorso prevalentemente gli ultimi secoli di storia europea. Il terzo è la creazione dello stato sociale, di uno stato, cioè, in grado di ridurre l’eccessiva differenza tra ricchi e poveri e di assicurare a tutti una vita dignitosa e servizi sociali efficaci.
UNA REPUBBLICA FONDATA SUL LAVORO
Nella drammatica crisi economica che sconvolge il nostro Paese, che propone nuove e a volte sconosciute sfide e che cambia gli equilibri economici del mondo, il lavoro rimane la condizione indispensabile per garantire agli individui una vita dignitosa ed una piena fruizione delle libertà e dei diritti. Presupposto di nuove opportunità di lavoro è la produzione di ricchezza e di benessere, lo sviluppo di un tessuto economico dinamico ed innovativo, di cui il nostro Paese, più di altri, ha bisogno. L’inadeguatezza di molte delle élites che governano le grandi associazioni del lavoro e dell’impresa, incapaci di uscire da un inutile gioco delle parti e proiettate più alla difesa di se stesse che degli imprenditori e dei lavoratori che dovrebbero rappresentare, è un’altra conseguenza dell’impoverimento della classe politica italiana, che trascina verso il basso il resto della classe dirigente.
GLOBALE E LOCALE
Il FORUM non è interessato solo ai grandi temi nazionali, ma anche alla vita ed alle prospettive del territorio. La qualità del governo locale in Emilia-Romagna, a partire da quello della Regione, è da tempo in caduta libera, pur con qualche lodevole eccezione. Quella che era una delle regioni europee più ricche ed innovative, sta diventando una normale regione di un Paese “anormale”, pur essendo tale processo attutito dalla grande quantità di reddito e di servizi prodotti ed accumulati nei decenni scorsi. Ad una forte e spesso dannosa produzione legislativa, stimolata dalla deplorevole riforma del Titolo V° della Costituzione, si è unita la perdita di capacità di programmazione. Anziché sviluppare infrastrutture che rafforzassero l’Emilia-Romagna rispetto alla concorrenzialità interna ed europea, si è preferito un sistema che, più che decentrato, potrebbe essere chiamato “feudale”: da qui il disastro, ad esempio nelle strutture aeroportuali e nelle fiere, che si sta producendo e la conseguente perdita di competitività del nostro sistema regionale. La debolezza della classe politica bolognese ha fatto dell’area bolognese un territorio obbediente e marginale, invece che un forte punto di innovazione e di rinnovata capacità amministrativa al servizio di tutta l’area regionale.
GIUGNO 2014